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  • Lo chef risponde all’appello lanciato dal WWF: rimossi dalla carta i piatti con l’anguilla e la rana pescatrice. Due nuove specie in via di estinzione.
  • Bandito l’ingrediente più richiesto dai clienti: il foie gras. Innegabile l’oggettiva crudeltà con la quale sono trattate le oche.
  • In via di completa sostituzione lo zucchero raffinato. Troppo invasivi i trattamenti che subisce.


Come si traduce un monito in un’azione concreta?  Spesso ci chiediamo cosa possiamo fare nella nostra vita quotidiana per il pianeta. Ci sentiamo piccoli e crediamo che le nostre azioni non possano avere effetti su un ecosistema intero, così ci abbandoniamo alla pigrizia e passiamo oltre. In altri casi invece, ci sono persone che rispondono alla chiamata e diventano parte attiva del cambiamento, sposando appieno l’adagio secondo cui ogni piccola azione ha conseguenze che riecheggiano nell’infinito.


L’hashtag del momento, per chi si occupa di ristorazione, è sicuramente #iocambiomenu. È l’avvertimento da parte del WWF, tradotto sapientemente in lingua social, in modo tale che possa essere facilmente recepito da chiunque ed in maniera immediata, data la velocità con cui si muovono le informazioni.
Quanto più è la massa critica raggiunta, tanto più forte sarà il messaggio veicolato. Riguarda il mondo del food, che è uno dei motori mediatici in questo momento storico, che ha perciò una cassa di risonanza enorme e che in qualche modo interessa tutti.
La spia rossa lampeggiante che il WWF ha voluto, anzi dovuto, accendere riguarda le specie ittiche in pericolo di estinzione e che sono ancora presenti in tantissimi menu di ristoranti di fine dining. La ragione di questa persistenza in carta non è dovuta naturalmente alla mancanza di sensibilità, ma piuttosto di informazione. Lisa Casali è una scienziata ambientale ed esperta di cucina sostenibile ed è colei che veicola il messaggio del WWF, per fare in modo che “non lo sapevo” non sia più accettata come risposta alla problematica.
Sono 5 le specie che non hanno una soluzione sostenibile, né in termini di allevamento, né in termini di pesca, e che sono perciò a rischio concreto di estinzione: anguilla, rana pescatrice, cernia bruna, pesce spada, verdesca. Ci sono, come si diceva, persone che scelgono di iniziare questo lungo processo, che capiscono che da qualche parte, qualcuno, dovrà pure iniziare e sono consci allo stesso tempo di non poter cambiare il mondo dalla propria cucina, ma che potranno certamente avere effetti diretti sulla loro realtà, sensibilizzare i clienti, influenzare i fornitori e magari altri chef ed altre realtà. Perché appunto, ogni azione, seppur piccola, risuona dall’altra parte del mondo se c’è qualcuno che le presta attenzione. È il caso di Stefano Sforza, chef del ristorante Opera di Torino. È il caso anche di Antonio Cometto, la proprietà del ristorante. Perché se nella macchina dei social la proprietà non ha lo stesso appeal di chi sta ai fornelli, in un contesto più giornalistico, di approfondimento, ha un valore fondamentale. Quando si parla di svolta etica infatti, si va incontro a critiche, ci si prepara ad essere bersagliati dai competitor, e soprattutto si rischia di togliere dalla carta proprio quei piatti che vendono di più. Come ad esempio il foie gras:

“Come chef – dichiara Stefano Sforza – non sono preoccupato per l’assenza di certi prodotti nel mio menu. Ho scoperto al contrario che proprio la loro eliminazione ha dato il via ad una stimolante ricerca per sostituirli”.

La svolta etica di Stefano e di Antonio non riguarda solo il pesce, ma è una valutazione a 360° su tutta la filiera produttiva, che parte semplicemente dall’approfondimento di informazioni che devono trovare un contrappunto nella realtà.
Il foie gras è sotto la lente d’ingrandimento già da parecchi anni, ma rimane un caposaldo della ristorazione mondiale perché la sua richiesta è ancora altissima. La svolta in questo caso è partita da molto lontano, dagli Stati Uniti, dove in alcune città come New York sarà bandito dal 2022. La ragione è da ricercare nell’oggettiva crudeltà del metodo di allevamento, secondo cui le oche vengono forzatamente nutrite con un tubo infilato in bocca, a cadenza regolare durante la giornata.
In carta al ristorante Opera, i piatti a base di foie gras erano molti: tortello con brodo di oca e tartufo nero; fusillo, burro acido e fois gras; snack di entrèe, sotto forma di lingotto con mango, in cialda di lievito madre. Sul come sostituire il fegato grasso, Sforza ha le idee molto chiare. Propone ad esempio un Fusillo, limone, aringa, caffè. Lavorerà con il midollo, che ha la stessa forza espressiva del foie gras, ma è un prodotto povero, quindi economicamente vantaggioso, accompagnato da una spolverata di lamponi ghiacciati grattugiati.


Per quanto riguarda la pasta ripiena invece, il raviolo sarà farcito con ostrica, accompagnato da un formaggio erborinato, il truset, che è un’erba croccante tendente all’amaro, o la salicornia, che ha un sapore di mare che meglio si accompagna all’ostrica. Un’interessante variante poi, verrà fatta con un ripieno vegetale. Siamo nel vivo della fase di studio. Ma molto piatti saranno presto in carta.

“L’attenzione verso il vegetale nel nostro ristorante è evidente già leggendo i menu – prosegue lo chef – Mi piace lavorare con le verdure, lo trovo stimolante sia per le tipologie di preparazione che per le consistenze che si possono raggiungere. Oltre alla proposta vegetariana del menu dedicato, punteremo ad implementare i piatti vegetali anche nel menu Opera, andando a limare la parte di proteine animali dei piatti”.

Parlando di vegetali e di materia prima, Sforza dedica tre mattine a settimana alla selezione di frutta e verdura, andando personalmente al mercato di Porta Palazzo, che è il mercato scoperto più grande d’Europa. Anche la scelta dei fornitori, la ricerca di piccoli produttori con importanti capacità, è in un certo senso, etico, perché preserva i coltivatori che per dimensioni non possono competere con un’economia di scala, e che possono solo sperare di essere scoperti e valorizzati dagli chef. Tornando al pesce, e all’hashtag iniziale #iocambiomenu, in carta al ristorante Opera non si troverà più la rana pescatrice, che veniva servita con zucca e cannellini, come anche l’anguilla, che era un ingrediente da sempre presente in menu e che veniva lavorato in piatti come il Risotto, anguilla, sedano, rapanello. Al suo posto troveremo il Risotto, ricci, lardo, cicoria selvatica.

“La linea di principio che viene seguita quando si decide di non utilizzare più una materia prima, è quella della sua sostituzione, non del cambio radicale di un piatto. Ad esempio, un’ottima variante alla rana pescatrice è quella del lucioperca, un pesce d’acqua dolce delicato e versatile”.

Anche la parte dolce, il fine pasto, è stata rivista. È infatti sparito dalla lista degli ingredienti di cucina e di sala lo zucchero raffinato. Qui la scelta è legata soprattutto al fatto che lo zucchero bianco è raffinato, e subisce quindi trattamenti molto più invasivi rispetto agli zuccheri grezzi o integrali. È sempre più alta poi la richiesta di dessert poco dolci da parte dei clienti, e Stefano spesso preferisce sfruttare le naturali proprietà nutritive della frutta, piuttosto che integrare con l’aggiunta di altro saccarosio.

“È solo un punto di partenza, ne siamo consapevoli, ma è appunto un inizio e ci auguriamo che tanti altri ristoratori, chef, e soprattutto i clienti, abbracceranno la causa e opteranno per un consumo più attento, piuttosto che pensare che siano problemi lontani da loro.”

Queste le parole con cui Antonio Cometto ci dà appuntamento, per provare il nuovo “menu etico”, che appagherà oltre che il vostro palato, anche il vostro senso morale.




 

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Ieri a Firenze è stata la giornata della Guida de L’Espresso e a 5 mesi di distanza dall’apertura del Ristorante Opera, la guida più rappresentativa d’Italia, curata da Enzo Vizzari, ha non solo incluso lo chef Stefano Sforza nelle eccellenze della cucina italiana ma gli ha anche assegnato uno dei suoi famosissimi cappelli.

Antonio Cometto, patron del ristorante non nasconde la gioia per il riconoscimento appena ottenuto: “Siamo una giovanissima realtà sulla piazza di una città bellissima come Torino. Siamo una realtà imprenditoriale e ristorativa che si è solo recentemente affacciata nel mondo delle guide, nonostante anni di esperienza maturati in altre strutture. Un simile traguardo raggiunto a pochi mesi dall’apertura non può che riempirci di orgoglio, motivando ogni singolo componente del nostro staff a fare sempre meglio e sempre di più. Siamo consci di essere all’inizio del nostro percorso e di avere davanti a noi tanta strada”.

Lo chef Stefano Sforza non lesina commenti, ne nasconde la gioia per il traguardo raggiunto: “Chiaramente non sono i riconoscimenti a dare un senso al nostro operato, gusto ai piatti e rigore alla sala ma sono quel dettaglio in più che rende speciale ciò che ogni giorno facciamo. Ci rendono consapevoli delle nostre possibilità e potenzialità. Come quella pacca sulla spalla che aspettavi da tempo. È solo l’inizio, l’ho detto ai ragazzi in cucina e in sala, questa mattina quando sui loro volti era tangibile la gioia per il traguardo raggiunto a pochi mesi dall’apertura. Vi aspettiamo a Torino per mostrarvi la nostra Opera migliore!”.


La scheda dell’Espresso
Un locale raffinato, con spazi ampi, mattoni a vista, legno. Una sala nascosta e bella. Ma le ambizioni non sono negli arredi, piuttosto nella cucina di un (abbastanza) giovane cuoco che conosce tecnica e mestiere e li mette al servizio di sapori intensi, come nella pasta cotta nel brodo di cozze con la ‘nduja, nel risotto con limone, prezzemolo e bottarga, nelle animelle con gamberi e liquirizia. O infine in ricette che sono solo apparentemente semplici: i tagliolini cotti in acqua di pomodoro con sugo di pomodori confit, ad esempio, che sono l’esaltazione professionale di un gusto casalingo. Il servizio è preciso e cortese, la carta dei vini è abbastanza fornita. Menù a 60 euro (tradizionale o vegetariano) e 80 euro. A pranzo anche a 30 (con due portate nel menù. Alla carta sui 70 euro.

 

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Torinese di origine sarda, Gualtiero Perlo, maître del ristorante Opera, ha una storia di formazione particolare. Durante gli studi di ragioneria, lavorando come stagionale nei ristoranti, capisce che presto la strada fin lì tracciata cederà il passo ad una nuova passione, quella per la ristorazione. Così Gualtiero inizia la sua carriera imparando sul campo, formandosi nelle sale di molti ristoranti italiani, fino ad arrivare al Ti Dirò, in Via Cavour a Torino e al Ristorante Del Cambio, una Stella Michelin, un’istituzione incontrastata in città. Grazie allo studio e agli anni di esperienza, Gualtiero fa sì che nel Ristorante Opera il cliente non sia mai messo nella condizione di dover chiedere, perchè anticipato nelle sue richieste. A lui il compito inoltre di preparare la sala nella maniera più minuziosa. Una parte fondamentale del servizio è proprio la spiegazione del piatto, perché è in quella fase che il cliente inizia a gustare la portata e si prepara all’assaggio. La preparazione del maitre fa sì che chi siede al tavolo impari a conoscere e ad apprezzare le materie prime scelte dallo chef o una particolare tecnica utilizzata per lavorare le stesse. Perché in fondo i clienti, oggi, sempre più si approcciano ad un’esperienza gastronomica di alta cucina con il desiderio di trascorrere sì una piacevole serata, ma anche di arricchire il proprio bagaglio culturale.

La ricerca del maître
Per quanto riguarda il caffè, grazie ad una collaborazione con ICafè Group, azienda di Pinerolo nata come cioccolateria, è possibile scegliere tra 4 tipologie, di cui 2 miscele, royal chocolate e supreme, per chi ama i caffè speziati, e 2 monorigine 100% arabica del Guatemala e della Colombia. A scelta, una selezione di zuccheri tra cui il biologico al cocco, alla cannella e normale. In accompagnamento viene servita la piccola pasticceria. Per quanto riguarda i tè e gli infusi, sono frutto di una collaborazione con un’eccellenza parigina, Dammann Frères. Questi vengono serviti sia in sostituzione del caffè, che come abbinamento a tutto il pasto, su richiesta del cliente. Tra l’ultima portata ed il dessert, viene servita una specialità creata dallo stesso maître, un infuso che sostituisce il classico sorbetto e ha la funzione di pulire, di resettare il palato e prepararlo al dolce. Contiene agrumi, limone, arancia, zenzero, cannella, miele e vodka. La parte alcolica è al 5% ma viene fatta completamente evaporare, così che sia adatto a tutti, anche a bambini e astemi. Il nome dell’infuso? Elisir di Opera.

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Appuntamento al 17 settembre, in Via Sant’Antonio da Padova, a partire dalle ore 20.00

Partiamo dalla certezza che ogni piccolo gesto possa fare la differenza, ecco perché quando siamo stati interpellati dai referenti del Gambero Rosso per prendere parte all’iniziativa, nata per sostenere la ricerca scientifica sul cancro non abbiamo esitato un momento a scendere in campo in prima persona. Partendo dalla voglia di fare dei gesti concreti e tangibili, lo chef Stefano Sforza ha realizzato un menù speciale che verrà servito solo la sera del 17 settembre prossimo in una cena che non vuole essere solo buona al palato ma anche al cuore”: con queste parole Antonio Cometto, Amministratore Delegato del Ristorante Opera Ingegno e Creatività da il via a “4 CENE PER LA RICERCA”, la campagna di sensibilizzazione che la Gambero Rosso Academy e la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro di Candiolo hanno declinato a tavola, in 4 cene che vedranno mese dopo mese alternarsi sotto i riflettori alcuni tra i migliori ristoranti di Torino.

L’obiettivo finale dichiarato è semplice: moltiplicare le speranze di chi lotta contro la malattia, sensibilizzare il pubblico al tema della Ricerca Scientifica e nel concreto sostenere i centri specializzati e i ricercatori impegnati a trovare nuove cure, rendendo il cancro sempre più curabile: “Vorrei diventare un grande chef un giorno, per farlo so di dover diventare prima un grande uomo. Ecco perché mi troverete sempre pronto a dare il buon esempio, ad accendere i riflettori su chi magari un giorno salverà mia moglie, vostra madre: i ricercatori, coloro che più di chiunque altro prova a fare la differenza. Vi aspetto al ristorante martedì prossimo per una cena che in realtà è solo un pretesto per qualcosa che vuole andare oltre… facciamo del bene!”: queste le parole che arrivano direttamente dalla cucina, dallo chef Stefano Sforza.

Il ristorante guidato dal giovane chef è stato il primo ad aderire all’iniziativa e martedì 17 settembre aprirà le porte del ristorante per una speciale Charity Dinner. Il costo della cena è di 80 euro e ai piatti messi a punto dallo chef saranno abbinati i vini, selezionati dalla Guida Gambero Rosso, dell’Azienda storica Bel Colle di Verduno – guidata dalla famiglia Bosio e produttrice di vini prestigiosi, dal Barolo al Barbaresco, fino al Verduno Palaverga, antico vitigno autoctono. 

 

Menù

Trota,Sedano Rapa,Mela al Cumino

Tagliolino cotto in acqua di Pomodoro e Origano

Risotto,Cerfoglio,Lingua

Anatra al Miele,Semi di Finocchio,Carota al Caramello

Mela

Piccola Pasticceria

 

La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus 

La Fondazione nasce il 19 giugno 1986, con l’obbiettivo di realizzare un polo oncologico in Piemonte capace di coniugare la ricerca scientifica con la pratica clinica, mettendo al servizio dei pazienti le migliori risorse umane e tecnologiche disponibili ed offrendo così un contributo concreto e significativo alla lotta alla malattia.

Ultimato il progetto iniziale dell’Istituto di Candiolo la Fondazione continua a sostenerlo, per garantire l’efficienza dei servizi e dei valori scientifici raggiunti, e ad implementarlo attrezzandolo delle più innovative tecnologie disponibili sul mercato.

La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro – Onlus conduce inoltre attività di ricerca oncologica, sostenendo dei progetti di studio in grado di incrementare le conoscenze della comunità scientifica, sia nazionale che internazionale.

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A pochi passi dal ristorante Opera, in via XX Settembre 64, in pieno centro storico, alle spalle di Piazza Castello e del Museo Egizio, e a pochi passi dalla Mole Antonelliana, le Europrooms Suites accolgono gli ospiti che vorranno accostare all’esperienza enogastronomica un soggiorno esclusivo, per approfondire la conoscenza delle piazze, dei musei e dei palazzi storici di questa città sabauda che fu la prima capitale del Regno d’Italia.
L’hotel gode di una silenziosità eccezionale, nonostante la posizione centrale. Si trova infatti in una zona a traffico limitato, ed i recenti lavori di ristrutturazione hanno puntato all’ottimizzazione del confort acustico, sostituendo porte e serramenti. Camere e suites hanno dimensioni fino a 56 mq, pavimenti originali dell’epoca in parquette in legno massello o in cementine esagonali, toni caldi e colori morbidi, bianco piuma, salvia e grigi appena accennati fanno da sfondo ad arredi dalle linee moderne ed essenziali, con accenni a forme classicheggianti, come gli specchi dorati, eredità della proprietà, la famiglia Cometto. Ogni aspetto è curato nel minimo dettaglio, come anche l’illuminazione, perfettamente integrata nelle modanature a soffitto, che caratterizza le camere con una luce di fondo omogenea non invasiva. Al momento della prenotazione al cliente verrà fornito un codice per accedere alla struttura ed alla propria stanza senza l’uso di chiavi. Un servizio di assistenza h24 è sempre disponibile per ogni necessità. Al termine di una giornata tra le strade di Torino potrete rilassarvi guardando uno dei 300 film on demand sulle tv 50’ di cui ogni camera è dotata.



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Il progetto fotografico del Ristorante è firmato dal fotografo Davide Dutto. Vive in Piemonte dove è nato nel 1961. Fotografo professionista dal 1982, si muove in bilico tra arte e mestiere attraverso tutti i territori della fotografia. Oggi il suo lavoro si snoda nel tentativo di trasferire emozioni, quasi volesse, con uno scatto, con un semplice clic, rubare l’anima ai suoi soggetti per poi restituirla attraverso le immagini. Fotografie che raccontano luoghi fisici e dell’anima, dove spesso l’occhio s’intreccia con la vita.



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