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IL NOSTRO SOMMELIER, CARLO SALINO

Il sommelier Carlo Salino

Ventiquattro anni, un diploma di liceo linguistico e una passione, quella dei viaggi, che giustifica la padronanza di quattro lingue differenti: inglese, francese, italiano e spagnolo.
Carlo Salino è il sommelier del nostro ristorante e da qualche anno a questa parte ha deciso di dedicarsi anima e cuore a una vocazione.

Il mondo del vino mi piace; una persona che trasforma un frutto dato dalla terra in una opera d’arte che dà emozioni a chi la beve è più che interessante”.

Nato a Torino da mamma veneta e papà piemontese, ha coltivato la passione per il vino nelle esperienze che l’hanno portato in giro per il mondo, l’ultima delle quali in Australia, prima di approdare da Opera. Oltre alla conoscenza della proprietà, la famiglia Cometto, nella sua decisione di prendere parte a questo progetto ha influito in maniera importante l’impronta culinaria dello chef Stefano Sforza.

“Mi piace il suo percorso per un motivo preciso, persevera nella sua direzione. Torino è una piazza difficile, ma lui gioca con le acidità e percorre una strada tortuosa ma giusta, dimostrando anche rispetto per il vegetale, che è per me molto importante”.

Lo stesso rispetto lo pretende anche per l’ingrediente di partenza del vino, l’uva. Così si spiega la sua folgorazione verso l’artigianalità del mestiere che, nonostante le sue origini piemontesi, scopre tardivamente durante l’anno in Australia, quando riesce ad entrare appieno nelle fasi di raccolta e di produzione, osservando da vicino la magia dei vignaioli che trasformano un grappolo in un’emozione.
Attualmente la sua carta dei vini conta oltre 300 referenze di 60 produttori provenienti da 10 stati del mondo. La matrice è indubbiamente italiana, con un 35% di Piemonte, un 35% del resto d’Italia, e la rimanente parte suddivisa fra Francia ed altre zone sparse nei 5 continenti.
Ama il vino vero, quello che racconta il territorio, lo Champagne e le aziende che standardizzano il meno possibile.
In tema abbinamenti, Carlo, dimostra di saper andare oltre il classico binomio cibo-vino. Come nel caso di Caco e aringa, un piatto che l’ha conquistato e che ha deciso di accompagnare con un mini drink di sake e tonic. Pensato e realizzato in due ore.
Carlo mette al primo posto la cordialità e l’aspetto sensoriale in fase di degustazione, ed ha le idee molto chiare in fatto di professionalità. Alla domanda se anche al sommelier sia richiesta un’attitudine imprenditoriale, risponde che “…l’eccesso snatura la professione. A guardare troppo i conti si rischia di compromettere l’esperienza che i clienti cercano quando si siedono al nostro tavolo”.